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sabato 25 agosto 2012

Feliciano Rossitto

Feliciano Rossitto era deputato comunista all'Ars quando Fernando Santi, il grande prestigioso segretario aggiunto della CGIL che guidava con saggezza assieme ad Agostino Novella venne a proporcelo al Comitato Regionale della CGIL in sostituzione di Pio La Torre che tornava al PCI per un incarico nazionale che lo avrebbe trattenuto a Roma fino al suo fatale ritorno in Sicilia all'inizio degli anni ottanta. Era un comunista elitario con una visione illuministica della politica. Riteneva che la realtà si sarebbe potuta cambiare non solo con le lotte ed il movimento della società ma attraverso accordi tra illuminati dirigenti della politica e del potere industriale. Era amico di Rosario Nicoletti e di Nicola Capria segretari della DC e del PSI. Capria per un certo periodo di tempo vice presidente della Regione. Si trovò a gestire la lotta per l'abolizione delle zone salariali e questa la fece con la CGIL nelle piazze. Fu fondatore assieme a me ed altri 15 compagni del Direttivo della CGIL nazionale del Sindacato Scuola che fino allora era una componente chiamata "quarta mozione" del sindacato nazionale scuola. PCI e PSI erano contrari a farne un sindacato della CGIL. Tristano Codignola grande intellettuale del PSI era decisamente contrario. Riuscimmo a fare approvare dal Direttivo della CGIL (contraria la segreteria nazionale Scheda Trentin ed altri) una risoluzione che impegnava per la fondazione di un sindacato scuola che in effetti fu poi fondato e diede grandissime soddisfazioni ai compagni professori e non della scuola al movimento sindacale ed alla sinistra italiana.
Io e Feliciano Rossitto abbiamo dovuto combattere un'altra pesante battaglia dentro la CGIL per l'abolizione delle gabbie salariali. La questione delle gabbie era scoppiata nel Sud a Catania ed in Sardegna con scioperi molto forti. La CGIL riunì tutte le strutture meridionali al Maschio Angioino di Napoli dove per due giorni dibattemmo il tema. La CGIL Nazionale era contraria. Contrarissimi Rinaldo Scheda e Bruno Trentin uomini eminentissimi. Riuscimmo a metterli in minoranza ed avviare un movimento che si concluse con l'abolizione delle gabbie salariali. Certo eravamo favoriti dalla spinta ascensionale delle masse che sembrava irresistibile e anche dal PSI al governo che appoggiava apertamente questo genere di rivendicazioni catalogate sotto il titolo "modernizzazione democratica dell'Italia".
Feliciano fu anche protagonista della vicenda scaturita dai fatti di Avola. La polizia sparò ed uccise due braccianti ma l'emozione che scatenò nel paese quel terribile episodio portò alla riforma del collocamento e fece del caporalato un vero e proprio reato. (Ora il caporalato è gestito dalle agenzie interinali e quello della intermediazione mafiosa della mano d'opera straniera non viene neppure rilevato!!)
Fu anche importante protagonista della ricostruzione del Belice dopo il terribile terremoto. Affluirono in Sicilia anche per merito suo aiuti da tutta Italia e specialmente dall'Emilia Rossa.
Amministrava la CGIL con la parsimonia tipica dei ragusani. Avevo bisogno di una auto e mi vendette la vecchia seicento della CGIL per 250 mila lire. Una cifra notevole per me che ne guadagnavo meno di un terzo al mese! La seicento era priva della spalliera del sedile di guida e Giuseppina per qualche tempo la guidò reggendosi con il volante da Palermo a Mezzojuso dove insegnava e dove si recava tutti i giorni a spese sue!

Ugo Minichini

Nel 1962 si svolse al ridotto del teatro Politeama di Palermo il III Congresso regionale della CGIL. Ugo Minichini, segretario regionale aggiunto e capo della componente socialista della Cgil siciliana, la grande prestigiosa componente unitaria esistente prima della scissione del PSI, venne ad Agrigento per chiedermi di accettare di entrare nella segreteria regionale della CGIL. Io lo ringraziai ma non accettai l'invito. Non ero preparato a trasferirmi a Palermo. Prima di tutto ero quasi spaventato dall'incarico che mi veniva proposto al quale non mi consideravo idoneo e avevo anche ragioni personali. Con il modesto contributo che mi passava la CdL di Agrigento aiutavo la mia numerosa famiglia di cui ero il primogenito. Si sa che i primogeniti spesso abbiamo il destino di aiutare la famiglia nella quale siamo nati. Ugo Minichini non si fece scoraggiare e, per facilitarmi la cosa, mi fece nominare consigliere di amministrazione dell'Ente Minerario Siciliano, ente nel quale dovevo rimanere fino al 1975. In più fece assumere mio fratello Fortunato in un Ente ..
Ugo Minichini era fraterno amico di Pio La Torre allora numero uno della CGIL siciliana che mi voleva anche lui a Palermo. Io avrei dovuto assumere il ruolo di secondo segretario socialista della CGIL. In tutto la segreteria era fatta di cinque persone.
Al Congresso regionale della CGIL partecipai come delegato della CDL di Agrigento. Fui eletto nella segreteria regionale. Il PSI siciliano non appoggiava la mia candidatura e proponeva il compagno Anselmo Guarraci che poi, nel tempo, sarebbe stato segretario regionale del Partito e deputato europeo nonché capo della corrente di sinistra del psi. Anselmo era sostenuto dalla forte federazione socialista di Palermo che fece un forte pressing sul Congresso della CGIL. Ma i socialisti della CGIL capeggiati da Ugo Minichini e sostenuti all'esterno da Pio La Torre non cedettero e mi imposero. Fui eletto contro la mia volontà e contro la volontà del Partito come candidato interno della CGIL e rappresentante di interessi unitari della stessa. Non mi trasferii a Palermo e continuai a fare il sindacalista ad Agrigento fino al gennaio del 1964 anno in cui Giacomo Brodolini mi mandò a chiamare a Roma e mi ingiunse di raggiungere Palermo. Io ero autonomista. Si preparava la scissione di tutta la componente sindacale della CGIL che se ne sarebbe andata a fondare il PSIUP ed il partito temeva di restare senza alcuna rappresentanza nella CGIL. Non mi restava che obbedire e trasferirmi a Palermo. Il 12 gennaio 1964 si realizzava la scissione della corrente di sinistra del Partito ed io mi sono trovato sostanzialmente solo a rappresentare il Partito nella CGIL. La potente componente sindacale era tutta con Ugo Minichini in testa nel nuovo Partito.
Ugo Minichini è stato un dirigente che ha fatto la CGIL siciliana assieme a Pio La Torre e poi a Feliciano Rossitto. Era originario di Genova ed il Partito lo aveva mandato in Sicilia appunto per assumere quel prestigioso incarico. Era un grande creatore di nuove realtà organizzative ed assai stimato nella opinione pubblica siciliana. Era persona profondamente disinteressata. Se sono diventato dirigente della CGIL siciliana lo debbo a lui ed a Pio la Torre che, molti anni dopo da segretario regionale del PCI, nel 1979 mi volle come segretario generale pur essendo i socialisti minoranza nella CGIL. Il tandem La Torre Minichini credo sia stato trai i migliori che la CGIL potesse avere in quegli anni difficili nei quali i lavoratori non avevano ancora niente. C'erano le gabbie salariali e non c'era ancora lo Statuto dei Diritti che sarebbe venuto nel 70. Ora siamo tornati a stare peggio di allora in quanto a diritti e condizione economica. Negli ultimi venti anni la CGIL ha restituito tutto al padronato italiano. Oggi nelle fabbriche e negli uffici il terrore di perdere il posto di lavoro si taglia con il coltello. La condizione dei lavoratori e delle lavoratrici è diventata umiliante. Dappertutto ma specialmente nella scuola ridotta da varie "riforme" ad un inferno per gli insegnanti che erano stati il perno di un grande processo di democratizzazione che ebbe un punto essenziale nei decreti delegati. Oggi agli insegnanti hanno reso l'insegnamento un supplizio che debbono subire in stato di permanente incertezza per il futuro immediato. La CGIL di oggi ha fatto ben poco per salvarli e salvare con loro la scuola ed abbiamo un presidente del Consiglio che appoggia apertamente la scuola privata contro la Costituzione con il consenso del Pc che era stato uno dei sostenitori dei decreti delegati e della nuova scuola italiana. La condizione penosa degli insegnanti è parte di una enorme sconfitta che la classe lavoratrice italiana ha subito sopratutto a causa del cedimento del suo partito e del suo sindacato alla ideologia liberista.



La sigaretta di Campobello di Licata

Azzo Toni volle che mi occupassi della organizzazione dei giovani socialisti. Erano i ragazzi da 14 a 21 anni (allora era questa l'età legale) che si iscrivevano al PSI come membri aderenti. Questa definizione era dovuta al fatto che la FGS si era scissa dal Partito assieme a Saragat nel 1947 e da allora il Partito non si era deciso a ricostituirla. Dovevamo accontentarci di esserne membri non effettivi. Mah! Responsabile nazionale del movimento era un giovane veneziano di grande fascino Emo Egoli (che poi è stato per tantissimi anni presidente della associazione italo-araba). Lo collaboravano Vincenzo Balzamo che era anche il Direttore del giornale "La Conquista" salernitano un compagno che decenni dopo sarebbe stato coinvolto nelle vicende che portarono alla fine di Craxi Erasmo Boiardi ed un emiliano verace che si chiamava Lionello Pellicani che si occupava dell'organizzazione e che venne ad Agrigento durante un periodo elettorale. Mi dedicai furiosamente alla costruzione dei circoli giovanili nella provincia che girai in lungo ed in largo naturalmente sempre con mezzi pubblici treno o autobus. Ricordo che per andare da Ravanusa a Campobello di Licata si prendeva alla stazione una pittoresca carrozza nera dalle ruote enormi e dai finimenti e copertura che cadevano a pezzi. Il povero vecchio cavallo si faceva i sei o sette chilometri che separavano le due cittadine.
Ricordo che a Campobello di Licata feci una affollata assemblea di tesseramento aiutato da Angelo che sarebbe diventato dirigente del circolo. Alla fine al momento dell'acquisto delle tessere un ragazzo mise sul tavolo una sigaretta dicendo che poteva pagare la tessera con quella. Era un ragazzo molto serio ed anche molto molto povero. Quella era la sua sola ed unica sigaretta (allora si compravano sfuse)
Angelo mi invito a pranzo a casa sua. Era una famiglia numerosa riunita a tavola. Il pranzo consisteva in un piatto di maccheroni al sugo di carne. La carne era un solo pezzo di maiale. Non dimenticherò mai le manovre che fecero per fare finire quell'unico pezzo di carne sul mio piatto.
Riuscii a fare una organizzazione di oltre 1000 iscritti che da sola era più della metà di tutti gli iscritti in Sicilia. Fui premiato dalla "Conquista" con la bandiera d'onore e ricevetti in forma solenne l'incarico di presiedere il VI Convegno Nazionale che poi si svolse a Perugia nel giugno del 1955.
Mentre presiedevo emozionatissimo ( Egoli mi aveva imbottito di tranquillanti ma non erano serviti a niente) entrò nella sala dei Notari la mamma di Salvatore Carnevale. Il Congresso si alzò in piedi ad applaudire commosso. Erano presenti Rodolfo Morandi (che sarebbe morto venti giorni dopo) FRancesco De Martino e Pietro Nenni. Fu la più bella ed entusiasmante esperienza della mia vita. Credo che le esperienze più belle sono quelle che si fanno quando si è ancora molto giovani ed il mondo ci sembra tutto a portata di mano. La sera il congresso sciamava in tutta Perugia ed era eccitante conoscere tante ragazzi e ragazze di tante città d'Italia. Ebbi modo anche di ascoltare un comizio di Pietro Nenni fatto dalla Loggia dei Notari. Al ritorno a casa mi addormentai sul treno. Ero su un vagone che andava a Caserta e vi finii. Ebbi comunque modo di vedere la Reggia dal finestrino del treno.



Pino Palumbo

Segretario della Camera del Lavoro di Agrigento fu Pino Palumbo un operai pastaio della Piedigrotta di Casteltermini. Era un uomo forte vigoroso, rusciano con una grande faccia rosea sormontata da una testa stempiata. Era un comunista che aborriva tutte le durezze del comunismo e della disciplina "rivoluzionaria". Un uomo pacifico che amava la buona tavola e la bella compagnia. Disponibile ed aperto era persona profondamente onesta. Non era settario. Aveva l'umiltà di riconoscere la superiorità culturale di tanti suoi collaboratori. Guidava la CCDL di Agrigento con sagacia e non mandò mai i lavoratori allo sbaraglio pur condividendone a volte le lotte più estreme. Apparteneva ad una generazione di compagni che il movimento delle lotte aveva promosso e portato in cima all'organizzazione. Molti di loro erano stati in galera. Ricordo che assieme a lui ed ad Antonio Ritacco passai una notte insonne a Canicattì nella stanza di uno squallido albergo in attesa che facesse l'alba . Dovevamo dirigere il primo sciopero generale dei braccianti agricoli (che poi era lo sciopero dei poveri della città) dopo i noti fatti della strage del dicembre del 1947. Appena cominciò ad albeggiare ci recammo alla Camera del Lavoro dove trovammo già riuniti una cinquantina di braccianti infreddoliti e spaventati. Quando iniziammo il corteo verso le sette eravamo almeno in duecento e mano a mano che il corteo attraversava i quartieri poveri della città si ingrossava. Diventammo qualche migliaio. Avevamo recuperato la città ed i lavoratori alla libertà della lotta. All'altezza di Borgalino proprio davanti la casa di colei che dieci anni dopo sarebbe diventata mia moglie i carabinieri ci caricarono e ci fu un parapiglia. Non dimenticherò mai la scena di un povero scheletrico bracciante vestito di stracci che difendeva la bandiera rossa dal maresciallo dei carabinieri enorme e paonazzo che voleva a qualsiasi costo strappagliela. Palumbo era con me nel cuore dello scontro. A Canicattì nasceva da quel giorno di lotta un dirigente bravo e generoso come Saccaro a cui oggi è intestata la Camera del lavoro. Era il 1952 ed io ero presente come dirigente dei giovani socialisti agrigentini. Anni dopo sarei diventato anche io sindacalista della CGIL.



Taratatà

Il Partito mi mandò a comiziare a Casteltermini non ricordo più in occasione di quali elezioni ma forse di quelle regionali siciliane del 55. Andai a Casteltermini in treno e vi giunsi mentre stava parlando nella piazza principale del Paese difronte alla Chiesa Madre l'On.le Giuseppe Montalbano del PCI ,insigne giurista e vice presidente della Ars. I compagni di Casteltermini in grandissima parte minatori lo avevano accolto con molto rispetto. Il palco dal quale parlava era stato tutto adornato di fiori. Senonchè Montalbano era afflitto da balbuzie ed inoltre leggeva il discorso che si era preparato. Un discorso importante ma noiosissimo ed adatto ad un pubblico ed una occasione diversa da quella di un comizio elettorale. Il risultato fu di insoddisfazione e di disagio. I compagni si informarono chi dovesse parlare dopo Montalbano e qualcuno mi indicò a loro. Avevo l'aspetto di un giovane assai magro e sembrai a loro bisognoso di ess
ere rimesso in forze subito, prima del comizio. Nonostante le mie proteste due di loro mi condussero in una osteria ed ordinarono per me una grossa bistecca al sangue ed un bicchiere di vino rosso. Protestai ma non sentirono ragioni. Mi fecero mangiare e bere tutto. Divenni un pochino brillo non essendo abituato a bere. Poi mi riaccompagnarono sotto il palco dal quale Montalbano continuava a parlare e mi dissero. Quando parli guai a te se "chicchii" (balbetti) come questo e guai a te se leggi. Salii sul palco con la testa leggera. Non ricordo assolutamente nulla di quello che dissi. Però percepii un crescente consenso ed applausi che si scatenavano uno dietro l'altro. Per fortuna non mi scappò di dire niente di compromettente perchè in piazza c'era il maresciallo che ascoltava il comizio per farne poi relazione scritta (facevano così allora). Insomma il comizio fu un successo ed io che ero signor nessuno avevo rincuorato i compagni comunisti e socialisti castelterminesi delusi da uno dei più importanti dirigenti della sinistra siciliana. Era uno dei giorni della Festa del Taratatà e ricordo la enorme folla che dal portone della Chiesa si era rovesciata in piazza accanto a quella che c'era per i comizi. Dopo il comizio abbiamo improvvisato un corteo e siamo andato in Sezione (penso fosse quella comunista) dove io, socialista, continuai ad essere elogiato. La sera ritornai ad Agrigento sempre in treno.


Metanodotto Italia-Algeria

Oggi sono un modesto pensionato dell'Inps in ansia per le tasse e per le bollette che decurtano il piccolo assegno con il quale vivo eppure sono stato uno dei creatori del metanodotto che da trent'anni rifornisce l'Italia di gas proveniente dall'Algeria e che per un lungo periodo di tempo ha assicurato la pace nel Mediterraneo e la prosperità e la sicurezza energetica del nostro Paese e della stessa Algeria.
Facevo parte del Consiglio di Amministrazione dell'Ente Minerario Siciliano presieduto prima dall'Ing.Sarti dell'Eni e poi da Graziano Verzotto un geniale uomo politico dc ed imprenditore pubblico che aveva in testa un programma serio di industrializzazione della Sicilia forse l'unico programma non colonialista che la Sicilia abbia mai avuto. La Sicilia è stata colonizzata da industrie inquinanti. Abbiamo subito la devastante presenza dell'Eni a Gela e della Montedison a Siracusa e delle raffinerie che hanno fatto crepare di cancro migliaia di persone nel silenzio dei siciliani simile a quello dei tarantini di oggi che vogliono l'ILVA anche così com'è.
Il prof.Rocca e Paolino Angrisani membri del consiglio di amministrazione dell'Ems presentarono a Verzotto un progetto di metanodotto Algeria-Italia basato sullo attraverso sottomarino dello Stretto di Sicilia, una idea allora di rara audacia perchè mai nel mondo si era tentato una impresa del genere.
L'Eni infatti proponeva il sistema dei gasificatori e degasificatori collocati in Africa ed in Sicilia ed una flotta di navi metaniere che avrebbero trasportato il gas reso liquido.
Contro la volontà dei "poteri forti" contattammo la Sonatrack che era la corrispondente dell'Eni per la l'Algeria. Ricordo con commozione la visita dei dirigenti della Sonatrack all'Ente Minerario Siciliano. Erano dei ragazzi poco più che ventenni che avevano in mano una risorsa fondamentale come il metano. Facemmo accordi con la Sonatrack e fondammo assieme a loro una società che si chiamò Sonems e che presiedette a tutta l'operazione che ci accingevano a fare.
Per 500 milioni di lire di allora (una somma enorme negli anni sessanta) incaricammo la Bectel società specializzata nella posa di tubi nelle profondità del mare di prepararci un progetto di fattibilità. Progetto che fu fatto in sei mesi con risultati estremamente incoraggianti e positivi. L'Eni ci voleva comprare il progetto per 5 miliardi di lire ma noi tenemmo duro.
Lascio immaginare lo stress che subimmo da quel momento in poi. Credo che i servizi segreti e le compagnie petrolifere del mondo si fossero tutti mobilitati per farci la radiografia ed esplorare profondamente la personalità e la vita di ognuno dei folli consiglieri dell'Ems che avevano usato sfidare i potenti.
Il metanodotto fu fatto. Verzotto pagò con una denunzia basata sul fatto che aveva depositato dieci miliardi di lire dell'Ems nella Banca Privata. Un versamento sollecitato dalla segreteria amministrativa della DC a tutti i presidente DC degli enti economici italiani. Ma Verzotto fu costretto a scappare in Libano per non finire in prigione.
Quando si inaugurò il metanodotto a Mazara del Vallo non era prevista la presenza del Presidente dell'Ems al tavolo della presidenza. Solo managers dell'Eni! Paolino Angrisani ebbe guai grossi e per anni non fece altro che andare e venire dai tribunali. Il prof.Rocca è morto a Roma di crepacuore. Io sono stato risparmiato probabilmente perchè ritenuto un pesciolino troppo piccolo e troppo poco importante. Eppure senza l'apporto della CGIL che io rappresentavo nell'EMS difficilmente si sarebbe potuto andare avanti controcorrente.
Nei verbali della Sonems che conservo c'è lo schema di tracciato del metanodotto disegnato così come è stato poi realizzato dieci anni dopo.
La Sicilia non ha da allora mai più avuto un programma serio di sviluppo economico.



Azzo Toni

Nel 1953 la Direzione del PSI commissariò la Federazione di Agrigento. . Persona di spicco del partito agrigentino era l'On.le Giosuè Fiorentino di Palma di Montechiaro che era stato sottosegretario di Stato nel governo De Gasperi. Fiorentino era stato accusato da Michele Pantaleone di accettare voti dalla mafia. Cosa che successivamente fu smentita dallo stesso Pantaleone che chiese scusa ma che tuttavia aveva allarmato la Direzione. Salvatore Lauricella e Filippo Lentini non erano ancora importanti come sarebbero diventati dopo.
Azzo Toni era un vigoroso settantenne elegantemente vestito e pettinato con una scrima che tagliava in due i capelli argentei. Era un fiero antifascista licenziato dalle Ferrovie dello Stato per ordine di Mussolini. Era stato membro del CLN di Genova e trattò in quanto tale la resa dei tedeschi (ho trovato per caso in internet un raro documento con la sua foto e quella degli altri membri del CLN). Completamente estraneo alla realtà agrigentina aveva tuttavia portato nel Partito una ventata di buona cultura. Aveva una memoria prodigiosa. Ricordava tutti gli spartiacque (sic) d'Italia che si facevano imparare nelle scuole medie di un tempo e recitava lunghi brani del Cirano di Bergerac ( cos'è un bacio? Un apostrofo etcc...). Fu Commissario per quasi tre anni. Il Partito agrigentino fu ingrato e duro con lui. Non fu tra i delegati al Congresso di Venezia. La Federazione di Agrigento delegò cinque autonomisti tre nenniani e due lombardiani. Nessuno della sinistra alla quale apparteneva Azzo Toni e che tuttavia a Venezia avrebbe preso la maggioranza del Comitato Centrale mettendo Pietro Nenni in minoranza e quasi spingendolo alle dimissioni. TRa i due lombardiani uno ero io. Ero stato eletto dopo una durissima competizione sopratutto per merito della sezione giovanile di Favara capeggiata dal mio grande amico Calogero Lombardo che minacciò la Sezione di non votare Lauricella se non avessero votato anche per me. Avevo venti anni ed ero uno dei pià giovani delegati al Congresso di Venezia. Come ho già detto Azzo Toni fu del tutto ignorato.
Ho un ricordo straordinario del Congresso dominato da una fascinosa relazione di Pietro Nenni. Parlò per circa tre ore che volarono. Pietro Nenni era molto diligente e le sue relazioni erano tutte scritte. Avendo problemi di vista erano scritte a caratteri molti grossi. Altro oratore eccezionale era Riccardo Lombardi ingegnere originario di Regalbuto, antifascista, Prefetto di Milano, autore del progetto di nazionalizzazione dell'industria elettrica che avrebbe realizzato il primo governo di centro-sinistra. Lombardi parlava senza appunti ma la concatenazione logica delle sue argomentazioni era ferrea scintillante e trascinatrice. Il Congresso di Venezia aggiornava la linea del Partito dopo i fatti di Ungheria. Ci fu il primo strappo con i comunisti e si gettarono le basi dell'incontro con la DC. Nenni vinse politicamente il Congresso ma perse il controllo del Partito. La maggioranza del CC era vecchiettiana. Lauricella che era segretario della federazione non fu eletto nel CC e tornò a casa assai contrariato.
Venezia mi deprimeva. Erano giornate invernali con l'acqua della laguna scura. La città mi sembrava irreale, una specie di teatro disabitato di tanto in tanto invaso dai turisti. Era carissima. Sono eretico se dico che Venezia non mi è piaciuta?



Italia 61

Era l'opposizione alla politica di centro-sinistra del PSI che aveva conquistato la maggioranza dei militanti del Partito stanchi di stare fuori dal governo e che anelava ed in certi casi sbavava per entrare in quella che Pietro Nenni aveva definito "la stanza dei bottoni". Il gruppo era composto da me, Luigi Granata, Peppe Grado, Nino Calamo, Bino Di Betta ed altri compagni. Eravamo gli autori assieme all'Avv.to Campo della DC del primo centro-sinistra d'Italia che ritenevano giusto e di sinistra perchè lo avevamo trattato con la sinistra della dc mentre siamo insorti contro gli accordi per il primo governo di centro-sinistra regionale perchè fatto con i dorotei della DC. Quanto eravamo innocenti ! Mandammo una richiesta di essere sentiti alla Direzione del PSI. Sostenuti dall'affettuosa amicizia di Simone Gatto, luminosissima figura di socialista e di medico e accompagnati da Riccardo Lombardi fummo ricevuti in una torrida giornata di luglio io, Luigi Granata e Nino Calamo da Pietro Nenni. Eravamo emozionatissimi. Spiegammo i motivi della nostra protesta. Nenni mostrò simpatia ma ci disse che il governo siciliano era una spinta per una svolta nazionale e che se non si erano rispettate le procedure democratiche dentro il Partito è perchè non c'era stato tempo (sic)! Ci chiese se pensavamo di uscire dalla corrente autonomista. Una cosa che non ci era mai passata per la testa! Rassicurato dalla nostra risposta ci fece un bel sorriso e ci congedò. Restammo un pochino mortificati perchè ci aspettavano una conversazione più approfondita.
Tornati ad Agrigento trovammo i socialisti raccolti numerosissimi nel Teatro Pirandello attorno a Lauricella Filippo Lentini ed altri capi governativisti. Quando entrammo nel teatro a momenti ci linciavano! Volevamo guastare con le nostre fisime ideologiche la festa dell'ingresso al Governo dopo anni di penitenziale astinenza! Andavamo controcorrente e contro la storia! Fummo isolati ma nonostante questo alle elezioni provinciali piazzammo due nostri compagni su cinque. Allora le elezioni provinciali venivano fatte dai consiglieri comunali. Noi eleggemmo Bino Di Betta che era direttore dell'Esattoria a Porto Empedocle e poi a Ribera e Giuseppe Grado che dopo sarebbe diventato stimato amministratore della Provincia stessa per la sua onestà proverbiale. Non solo questo ma recuperammo anche la elezione di Fausto D'Alessandro a consigliere comunale di Agrigento a causa della elezione di Ciccio Pirrone che era risultato il terzo eletto dopo me e Luigi Granata tra nostri grandi sospetti di brogli e di appattamenti con il sindaco Di Giovanna.
Il gruppo Italia 61 in seguito subi una evoluzione. Luigi Granata assai stimato da Salvatore Lauricella cominciò la sua ascesa politica e sarebbe diventato deputato regionale e poi assessore e presidente commissione antimafia. Io sarei finito a Palermo chiamato da Ugo Minichini e Pio La Torre alla segreteria regionale della CGIL, Nino Calamo (che era stato deputato nazionale) sarebbe diventato segretario della camera del lavoro di Agrigento al posto mio.
Guadalajara

L'anno in cui io nacqui Agrigento attraversava uno dei periodi più duri della sua storia.Circolava pochissimo denaro e molta, troppa gente, soffriva la fame. Mio padre si era appena sposato e, come tanti altri, accettò l'invito del regime ad arruolarsi nel CTV (Corpo Truppe Volontarie) che operava in Spagna dalla parte del golpista generalissimo Franco ed in Africa Orientale. Assieme a mio padre si arruolarono molti agrigentini e tra questi il padre di due ragazzi che poi furono miei vicini di casa Lucia e Carmelo Villa. . Si arruolavano per avere il vitto e per mandare a casa la misera deca. Il papà di Lucia e Carmelo La moglie, la signora fofò come noi la chiamavano, dopo innumerevoli anni di attesa ne ebbe una miserrima pensioncina di guerra.
Il nome Guadalajara l'ho sentito pronunziare da mio padre nei diversi ripetuti racconti come mi fece della sua avventura spagnola. Mi diceva che era il luogo di una terribile battaglia svol
tasi nel marzo del 1937 dove si fronteggiavano italiani della Brigata Garibaldi che stavano con la Repubblica e fascisti inviati da Mussolini in numero enorme appunto sfruttando la miseria che imperversava in Italia. Mi raccontava papà ripetendo parola per parola gli appelli che con altoparlanti i compagni della Brigata Garibaldi facevano ai CTV. Purtroppo non ricordo tutto il testo dell'emozionante invito che papà mi ripeteva.. Ricordo che cominciava con le parole: fratelli italiani". L'appello spiegava le ragioni della difesa della repubblica e invitava a disertare ed ad unirsi ai combattenti per la repubblica democratica difesa dai comunisti, dai socialisti e dagli anarchici. Credo che mio padre finì con il disertare e passare dall'altra parte e che poi abbia subito un processo che lo condusse alle carceri militari di Gaeta. Ma questa parte della storia non mi è molto chiara.
Pensando alla guerra di Spagna mi viene da pensare alla guerra contro la Libia e la Siria. N iente cambia sotto la volta del cielo. il capitalismo non accetta che uno Stato possa sfuggire al suo controllo e dirigersi verso una economia di libertà. L'Europa ha nella sua fedina penale l'aggressione e la morte della Repubblica Spagnola. Poi della Jugoslavia. Ora ha aggiunto la morte della Libia e forse anche della Siria e la disgregazione della Somalia. La "democrazia" va bene soltanto se vince la destra economica e sociale. Se vince la sinistra si ricorre al golpe o all'avvelenamento dei pozzi per uccidere quello che non si vuole vedere prosperare.

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