sicilia

sicilia

lunedì 17 settembre 2012

Un incendio

Un incendio

I miei d'estate mi mandavano a passare qualche giorno da mia nonna a Realmonte.,un paese non lontano da Agrigento. Vi giungevo palliduccio ma dopo qualche giorno di vita all'aria aperta mi guadagnavo un bel colorito e stavo assai meglio. Ricordo di avere preso una insolazione con un febbrone da cavallo che mi dava irrequietezza. Mi alzavo in piedi sul lettino sopra il quale pendevano grappoli di pomodori. L'insolazione mi fu curata da una vicina di casa la quale mi mise sulla testa un piattino con dell'acqua ed una candela accesa. Farfugliò assistita dalla nonna non so quale preghiere alla fine delle quali mi tolse il piattino dalla testa. Non avevo più la febbre! Non chiedetemi spiegazioni ma è andata proprio così.
Mio nonno Gandolfo era un uomo alto severo taciturno con due enormi baffi. Era stato con la nonna negli USA ma erano tornati indietro. Mia madre mi diceva a causa della gelosia della nonna. Portarono a Realmonte un apparecchio con il quale si vedeva le foto tridimensionalmente e l'usanza di prendere il taxi e ed infatti ricordo che mia nonna ne prendeva uno ogni volta che veniva a trovarci ad Agrigento. Nonno Gandolfo morì alla Feliciuzza di Palermo dove era ricoverato per una appendicite sepolto in uno dei tanti bombardamenti americani. La nonna restò vedova. Aveva dieci figli, sei maschi e quattro femmine. Il primogenito si chiamava Damiano ed aveva appena compiuto 14 anni quando mio nonno lo accompagnò a Porto Empedocle per imbarcarlo su una nave che partiva per New York.Non fece mai ritorno in Italia. A Bruculino come si chiamava la zona italiana di New York fu pescato assieme a due amici mentre rapinava una banca e arrestato. Fece qualche anno di carcere. Dopo si sposò con una bella ragazza italo-americana e visse facendo il fotografo. La ragazza si chiamava Cristina ed in casa della nonna era custodita gelosamente la loro foto di matrimonio l'unica cosa che si è mai avuta di loro.
Gli altri miei zii Nociu (Onofrio), Giuseppe, Saru e Gaspare negli anni cinquanta emigrano in Germania. Mia zia Marannina con il marito emigrò in Canadà e si stabilì ad Hamilton nella zona dell'Ontario e dei Grandi Laghi, Giuseppe contrasse durante il servizio militare una tubercolosi alle ossa dalla quale guarì ma che lo lasciò sciancato imparò il mestiere di indoratore e divenne un buon artigiano a Realmonte. Mio zio Giuseppe fu assunto alla Keramos di Agrigento e seguì la sorte della fabbrica. Mia zia Angela si sposò ad Agrigento ed ebbe una bella e numerosa famiglia. Uno dei figli è dentista molto apprezzato. I miei zii Saro e Gaspare e mia zia Rosa emigrano in Germania in un paese chiamato Bus nella zona di Saarbruken. Un paesino che era una specie di ripetizione tedesca di Realmonte dove la gente si era sistemata come nel paesello natio.
Insomma la famiglia dei miei nonni materni è stata una sorta di summa delle scelte emigratorie dei contadini siciliani da quelle transatlantiche dalle quali non si torna quasi mai a quella europea. Mio zio Gaspare si sposò in Germania con una ragazza tedesca. E' morto giovane ed ha lasciato figli che parlano solo il tedesco mentre i figli di mia zia Rosa si sono inseriti e fanno gli impiegati a differenza dei genitori che fecero gli operai in fabbrica. Mio zio Nociu si mise con una signora tedesca che noi abbiamo conosciuto in occasione di una loro visita in Sicilia. La signora aveva l'abitudine di bere, cosa questa che destò scandalo e riprovazione in tutto il parentado. Ma mio zio Nociu non si fece influenzare contro la compagna e continuò a volerle bene.
Una estate a Realmonte avevo più o meno nove anni ne combinai una grossa assieme a mio zio Gaspare che mi era zio ma era quasi mio coetaneo. Dopo avere girato in lungo ed in largo nelle campagne vicine a quelle della nonna ci è venuta l'idea di dare fuoco ad una montagna. La montagna era piena di roveti e di cespugli di disa (non so il suo nome italiano) una erba lunga lucente verde e ricca di oli. In Sicilia c'è un proverbio che dice: disa cu disa si infascia a disa che è un modo per dire che gli eguali si mettono bene insieme. Gaspare scavò una piccola buca ai piedi della montagna e la riempi di erba secca. Poi strofinò un legnetto su un altro fino a quando non partì un filo di fumo nero. Dopo pochi minuti il crepitare della disa e dei roveti che bruciavano divenne assordante. Il fuoco partì alimentato da un venticello che spirava proprio in direzione della cima della montagna. Scappammo ed andanno a metterci su un ramo di albero dal quale ci godevamo lo spettacolo della montagna in fiamme. Intervennero i vigili del fuoco di tre o quattro paesi vicini e diecine e diecine di persone che lavorarono tutta la notte allo spegnimento. Verso le sette del mattino ricevemmo una visita delle guardie campestri che chiesero a mia nonna se avesse visto o sapesse qualcosa. La nonna, che aveva capito tutto, negò. Le guardie ci scrutavamo in faccia e ci guardavano le mani ed i vestiti. Poi con quale sospetto se ne andarono. Quando andarono via mia nonna prese una scattatura di olivastro, una bacchetta verde flessibile dolorosissima. Con questa fustigò ripetutamente Gaspare. Io fui risparmiato.

Nessun commento:

Posta un commento